La pagina “Il mio viaggio a New York” nasce come progetto editoriale di Piero Armenti, imprenditore lungimirante, bisogna riconoscerlo, che, a New York, ha creato un’agenzia che organizza tour per gli italiani.
Poi a un certo punto per incrementare le entrate ha deciso di sfruttare la pagina trasformandola in un live blogging per raccontare la vita newyorkese con la sua fidanzata.

E anche qui in un certo senso è stato lungimirante perché si è ritrovato migliaia e migliaia di visualizzazioni e commenti, sia nella pagina pubblica che nelle pagine personali.
Quindi cosa c’è che non va, a parte che raccontano New York con la diligenza dei buoni emigranti?
PIERO ARMENTI: VENDERE LA DIGNITA’ AI SOCIAL

Beh, un tempo si diceva che si vendeva l’anima al diavolo, adesso che si vende la dignità ai social. Il profilo di questi due ragazzi è culturalmente basso, hanno una pochezza di linguaggio e di contenuti imbarazzanti, ma sono furbi e hanno utilizzato queste loro caratteristiche per scatenare i famigerati haters sui loro profili. Haters che vengono fomentati di continuo e a me viene il dubbio siano pure sovvenzionati perché trovo statisticamente impossibile che così tanta gente si concentri su questi profili commentando con livore la vita abbastanza inutile di sti due.

Le offese che ricevono e a cui loro non rispondono, nemmeno tentando un minimo di moderazione, sono talmente intime e personali che è chiaro abbiano fatto i conti della serva e pur di guadagnare soldi permettono che la gente dica loro che non si lavano, che sono sporchi, ignoranti, che sono grassi (o sguaiati, a seconda di chi dei due sia protagonista), che fanno schifo. Su questa parte dello schifo, in particolar modo, ci sguazzano.
PIERO ARMENTI: E’ POSSIBILE ACCETTARE TUTTO IN NOME DELLE VISUALIZZAZIONI?

Lui oggettivamente ha sto problema che quando parla c’ha sempre un po’ di bavetta che è abbastanza imbarazzante, ma non cerca di camuffarla. Più glielo dicono e più fa video in primo piano. Più gli dicono che è disgustoso quando mangia e più lui ingurgita cibo accentuando il processo di masticazione a bocca aperta. Più a lei dicono che è una mantenuta, più lei spende soldi. Più le dicono che non fa nulla e più lei si mostra fancazzista, tanto più che vive a New York con il visto scaduto, per cui se tornasse in Italia non potrebbe più rientrare negli States. Starebbe lì per frequentare un’università, per la quale però evita accuratamente di studiare.
Eppure, vengono intervistati in trasmissioni tv italiane, chiamati per collabs e sponsorizzazioni, lui ovviamente ha scritto un libro. A nessuno importa che abbiano dei profili miseri e siano disprezzati. Hanno i numeri e sembra che questo basti a dar loro una dignità social.
Lui ha poi anche velleità da opinionista politico e quindi, dopo essersi fatto umiliare per come beve, mangia e parla, switcha e fa quello capace di interpretare l’andamento della politica americana, pure con la presunzione di essere autorevole. Talmente tanto autorevole che alcuni dei suoi “contenuti”, uso le virgolette per rispetto della parola, sono a pagamento su Substack.
Questi sono i social. Adesso però che sti due me li son studiati, li blocco, perché non basta non seguirli, i loro contenuti sono così virali che ti spuntano ovunque tipo le piante infestanti che escono anche se non le hai piantate. Se tutti facessero come me, personaggi come questi verrebbero debellati come le erbacce dopo che hai usato il diserbante.
Io sono Valeria, vendo posh e scrivo letters.
Questo è Posh and Letters.
(Se vi va mi trovate soprattutto su Fb, sono una boomer!)